L'oro radioattivo di Chernobyl

(Ucraina 2015-2016)


I “dead men walking” caricano metallo arrugginito tutto il giorno, e non basta una doccia calda la sera per ripulirsi. Il metallo è quello radioattivo di Chernobyl: a oggi sono ancora un milione le tonnellate di materiale abbandonato nella zona di esclusione, proveniente dal reattore Uno ma anche da navi, automezzi, binari. Il riciclo di questo metallo rappresenta un business dal valore di circa un miliardo di dollari, rimasto per decenni in mano ai contrabbandieri e solo dal 2007 (oltre trent'anni dopo il disastro nucleare, avvenuto nel 1986) regolato e legalizzato dallo stato ucraino. I “dead men walking” sono una dozzina in tutto, guidati da Victor e dipendenti di una delle tre ditte ufficiali autorizzate da Kiev. Lavorano con scarse protezioni (anche se sono obbligatorie) e camminano per ore in mezzo a nubi tossiche, generate dal processo di sabbiatura per la decontaminazione dei metalli che vengono poi rivenduti all'estero a circa 10 centesimi di euro al chilo (un trenta per cento in meno rispetto al prezzo di mercato). L'attività è pericolosissima, quasi una lenta condanna a morte che obbliga gli operai a respirare in continuazione particelle radioattive come il Cesio, lo Stronzio, il Plutonio. Ma questo non basta a dissuaderli dal continuare. Forti del vitto e alloggio gratuiti, di uno stipendio più alto della media (si arriva a 8000 grivnie al mese, circa 280 euro) e di una certezza purtroppo falsa, sintetizzata da Sasha: “E poi c’è la vodka che, pulisce tutto...”.

 

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