Karabash, il sangue sporco della terra

(Russia 2013)


La città di Karabash, nella provincia russa di Chelyabinsk, è uno dei luoghi più inquinati della Terra. In città opera una fonderia di rame, costruita più di cento anni fa, e i suoi rifiuti tossici hanno causato un enorme inquinamento e gravi problemi di salute agli abitanti della regione.

 

Dal 1910, quando l'impianto ha iniziato a funzionare, più di 180 tonnellate di biossido di zolfo e di metalli pesanti sono state rilasciate nell'aria ogni anno. Le foreste, i fiumi, la terra hanno un colore arancione a causa dei residui della lavorazione del rame e del ferro, la cui concentrazione è 500 volte superiore alla norma. Le immense emissioni di anidride solforosa e il particolato atmosferico fortemente inquinante sono ritenuti responsabili della maggiore incidenza tra la popolazione di malattie della pelle, cancro, ictus e malformazioni congenite. Un’indagine condotta nel 1994 dall'Istituto Provinciale di Chelyabinsk per la salute pubblica e l'ambiente ha rilevato che i bambini di Karabash sono notevolmente più piccoli rispetto ai bambini del gruppo di controllo e presentano 3.5 volte di più difetti alla nascita, 2.7 volte di più malattie della pelle e inoltre soffrono di avvelenamento da metalli pesanti.

 

Karabash nel 1970 era una città di 70 mila abitanti, attualmente ce ne sono 16 mila. Chi può fugge da questo inferno, ma la maggior parte degli abitanti non ha possibilità di andare via e la loro vita media è di 45 anni. Gran parte della città, quella sotto vento rispetto all’impianto, fu evacuata negli anni a causa della forte concentrazione di diossina. Oggi vi rimangono solo scheletri di una città fantasma.

 

Inoltre la città è divisa in due da un’enorme montagna nera di detriti della lavorazione del rame chiamata Black Slag. Misura venti metri in altezza, più di due chilometri in lunghezza e le sue polveri costituiscono una continua minaccia per la popolazione, soprattutto quando si alza il vento.

Alla fine degli anni ’80 sotto pressione di diverse ONG ambientaliste la fonderia venne chiusa e la zona venne riconosciuta anche dal Ministero dell’ambiente russo come “zona di disastro ecologico”. Ma tutta la città dipendeva dall’industria del rame e così la popolazione si ritrovò senza lavoro. Così nel 1998, sotto la pressione della popolazione, il governo fu costretto a riaprire la fonderia. Ma l'impianto fu riaperto senza alcun implemento nei livelli di sicurezza e di valutazione ambientale. A tutt’oggi il territorio circostante appare completamente bruciato, a causa del biossido di carbonio: la fonderia di rame ha trasformato la zona in un inferno vivente.